foto di G. L. Rana

L'articolo che segue è stato sacritto da Guido Stecchi e pubblicato sul n. 3 del periodico "Osservare la Natura", nel settembre del 1996. Fa parte dell'archivio etnomicologico del Presidente dell'AMSCIL, Prof. Gian Luigi Rana.

 

Se lo distruggi, ti colpirà una tremenda maledizione

I soldati norvegesi, nel 1814, si videro piombare addosso un manipolo di furie scatenate con la bava alla bocca, un esercito imbattibile di svedesi trascinato da una forza misteriosa che li animava di enorme coraggio, annullando ogni istinto di conservazione. Si scoprì poi che la battaglia tra Svezia e Norvegia fu decisa a favore della prima perchè gli ufficiali della Vàrmland ammisero di aver "ubriacato" i soldati con la stessa pozione che i sacerdoti propinavano un tempo ai leggendari guerrieri vikinghi "Berserks" infondendo loro tremenda carica distruttrice: una pozione fatta con il succo di un fungo inebriante.

Si trattava del comunissimo "ovolo malefico", quel bel fungo rosso a puntini bianchi che simboleggia la fantasia nelle illustrazioni dei libri di favole. Un fungo che ha fatto la storia, e la preistoria, dell'uomo. Molte sono le testimonianze che questo ornamento dei boschi sia stato (e da qualche parte probabilmente lo sia ancora) protagonista nel culto religioso e magico di tantissime civiltà e, secondo qualcuno, persino di quella cristiana.

La più antica di queste testimonianze è rappresentata dalle pitture rupestri russe, raffiguranti, secondo il Dikov, "uomini-fungo". In questo complesso di arte preistorica risalente a epoche diverse, situato nella Siberia centrale, lungo il fiume Ienisei, spiccano alcune scene di uomini danzanti (alti circa 20 cm) armati di arco e frecce, attorniati da vari animali selvatici. Gli uomini portano un ampio elmo che è stato interpretato come il cappello del fungo sacro (in effetti sono evidenti le verruche) e una sacca a fiasco stretta alla vita che potrebbe contenere il magico succo del fungo. Poiché gli animali non sembrano in atteggiamento di fuga, è probabile che le scene raffigurino qualche rituale di un culto legato alla natura e riferibile all'età del bronzo.

All'interpretazione di queste figure come "uomini-fungo" si è giunti anche per le sorprendenti analogie con altre pitture rupestri che si trovano lungo il fiume Pegtimel' in Chukotka, praticamente sull'Oceano Artico, a brevissima distanza dallo stretto di Bering che separa l'Asia dall'America. Nel complesso di Pegtimel', infatti, la forma del fungo è notevolmente più evidente. Del resto il culto del fungo magico presso varie popolazioni siberiane, soprattutto Ostiachi, Koriachi, Chutchi (di origini etniche assai varie) e probabilmente presso le tribù Algonchine al di là dello stretto di Bering, è conosciuto da tempo grazie ai rapporti e ai diari dei prigionieri polacchi e di vari viaggiatori che fino all'inizio del nostro secolo hanno potuto contattare queste lontane tribù. Poi, con l'avvento del comunismo, non è stato più facile per gli studiosi raggiungere la zona. Normalmente l'uso del fungo era legato a particolari rituali e avveniva sotto il diretto controllo dello Sciamano, se non era addirittura riservato a quest’ultimo, ma un episodio raccontato dallo studioso svizzero Enderli, nel l 903, evidenzia come, col tempo, la magia sia diventata un pretesto per utilizzare il fungo quale fonte di paradisi artificiali, non più per predire il futuro o per ottenere un ipotetico contatto col Dio e, di conseguenza, l'invincibilità in battaglia; oppure ancora, per una sorta di culto della fecondità legato anche ai pretesi poteri afrodisiaci della droga. Veniamo all'episodio.

L'Enderli si trovava presso un certo Kuvar, commerciante Koriaco, e racconta (brano riportato dall'americano Gordon Wasson sul suo libro Soma, divine mushroom of immortality): "All'ordine di un uomo, la donna tirò fuori da un sacchetto di cuoio un pezzetto di un fungo muscario secco. Lei si sedette ai piedi dei due uomini e iniziò a masticare il fungo. Lo tolse poi di bocca e lo rigirò tra le mani, dandogli la forma di una piccola salsiccia. La ragione di ciò è che il fungo ha un gusto sgradevole e nauseante; così com'è, l'uomo non ha nessuna voglia di mangiarlo (maschilismo di un tempo! n.d.r.), mentre ridotto in salsiccia lo può inghiottire come una pillola…".

Pare inoltre che la povera donna, masticando il fungo assorbisse i principi tossici a sindrome gastro-intestinale lasciando al marito solo i "paradisi artificiali". Prosegue poi l'Enderli: “gli effetti apparirono evidenti dopo che l'uomo inghiottì ilquarto fungo. I suoi occhi assunsero uno sguardo selvaggio, con un barlume veramente abbagliante, e le mani cominciarono a tremare nervosamente. I suoi movimenti si fecero bruschi e goffi... Dopo qualche minuto ambedue gli uomini caddero in un profondo letargo, cominciando a cantare in modo monotono con parole che a malapena riuscii a comprendere...''

L'Enderli prosegue poi riferendo i vari effetti della droga fino al momento in cui gli intossicati si svegliano completamente dal letargo e iniziano a danzare, cantare e a manifestare una sorta di pazza gioia scatenata fino a cadere completamente esausti. Tali effetti si potevano poi prolungare per oltre una settimana bevendo l'urina pregna di principi attivi. Pare anzi che in alcune tribù i poveri, a cui il fungo sacro non spettava, attendessero fuori dalla porta del capotribù, intento a banchetto orgiastico sotto l'effetto del fungo sacro, perchè questi "generosamente" uscisse a mettere la sua preziosa urina a disposizione del popolo.

Dove l'uso del fungo non era a tutti noto, è facile immaginare come queste manifestazioni dovute a "magiche pozioni" potessero accrescere il fascino e il potere degli stregoni e degli sciamani. Il fungo magico e stato quindi, per chi ne conosceva, le segrete proprietà, una formidabile fonte di potere. E non solo presso le tribù del freddo Nord.        

Secondo Gordon Wasson, che con la moglie Valentina Pavlovnaha studiato a fondo la storia, i miti, gli effetti di questo fungo, l'ovolo malefico ha avuto una fondamentale importanza anche in altre religioni, praticamente in tutta l'Asia. In particolare lo studioso ritiene che il Soma, ovvero il succo dell'immortalità a cui sono dedicati parte dei 1028 inni del Rig Veda, testo base dell'Induismo, non sia una pianta del genere Asclepias, come vuole l'interpretazione tradizionale, ma proprio il nostro comunissimo fungo. Il Soma, succo di una pianta inebriante, era consumato solo dai sacerdoti, che se ne tramandavano il segreto di generazione in generazione. Il suo uso risale ad almeno 3000 anni fa e, per secoli per tutto il periodo Vedico, la pianta deificata fu indispensabile in ogni pratica religiosa. Il Rig Veda si è sempre tramandato a voce e, nel passaggio dal periodo Vedico a quello Brahmanico, finì per perdersi il segreto della vera identità del Soma, che, negli inni, è descritto in un codice misterioso.

L'uso del Soma nelle pratiche religiose si è poi diffuso in tutta l'Asia, in particolare presso i persiani, e fu in nel periodo Avestico, avendolo i fedeli di Zarathustra ereditato dai culti precedenti.

Il Wasson è_riuscito, esaminando i testi sacri di tutte queste civiltà, a dimostrare l'identità del Soma con l'ovolo malefico, convincendo anche i più brillanti etnologi.

Ma c'è chi va ben oltre: John Allegro, professore inglese di linguistica, interpretando le Sacre Scritture in chiave sumerica, la più antica lingua scritta conosciuta, arriva persino ad affermare che i Vangeli siano scritti in codice. E questo perchè i primi cristiani potessero comunicarsi segretamente il loro effettivo culto: quello (sempre secondo l'incredibile teoria dell'Allegro) del "Sacro fungo", dio originario di ogni religione come simbolo di fecondità.

La sua forma vagamente fallica al momento di uscire dall'ovulo, la sua crescita apparentemente dal nulla e dalla nuda terra, che rappresenta la divinità femminile, ma solo dopo la pioggia, che rappresenta il seme della divinità maschile, hanno certamente ispirato la fantasia dell'uomo semplice, ma tutto ciò non è sufficiente a sostenere la tesi dell'Allegro che si basa su complessi marchingegni linguistici (alcuni, a dire il vero, alquanto convincenti) e riferendoci una strana coincidenza: c'è un affresco datato 1291, nell'abbazia di Plaincourault, che rappresenta Eva tentata dal serpente non presso il tradizionale albero di mele, ma presso un enorme fungo stranamente ramificato a mo' di albero. Era il fungo sacro, fonte di "paradisi artificiali" e capace di donare festini orgiastici, il vero albero simbolo del bene e del male?

Certamente il dipinto francese può suggerire questa interpretazione, tanto più che il fungo, oltre che provocare effetti allucinogeni, nei suoi stadi giovanili appare coperto di verruche tanto fitte da sembrare, in alcuni casi, avvolto a spirale come un serpente.

E' il momento di descrivere questo "magico fungo": il suo nome scientifico è Amanita muscaria, da giovane appare formato come una doppia palla bianca rivestita di verruche appressate, poi il fungo si apre e compare, sotto le verruche, il colore rosso ("Fuoco” è uno degli epiteti con cui il Soma è definito Rig Veda); un po' alla volta il fungo si erige alto e snello, comparendo nel suo stupendo classico aspetto, un cappello rosso coperto di puntini bianchi (che talvolta scompaiono e, in tal caso, "Sole" è l'epiteto che lo descrive nel Rig Veda); il gambo è bianco ed eretto, decorato da un anello a gonnellina, con la base ingrossata e verrucosa. Raggiunge i 25 cm di altezza e i 30 cm di diametro del cappello. I suoi effetti tossici sono variabilissimi da località a località, da bosco a bosco, addirittura da esemplare a esemplare; questo spiega il suo consumo alimentare, senza apparenti conseguenze né gastro-intestinali né psicotropiche, in alcune zone; l'utilizzo in cucina di questa Amanita è sempre comunque da evitarsi anche se viene preceduto da illusori metodi per eliminarne il veleno.

Normalmente il fungo dà disturbi gastro-intestinali più o meno gravi (più é acuta questa sindrome, meno è attivo il fungo dal punto di vista psicotropico), seguiti dagli effetti allucinogeni che si manifestano con visioni colorate, alternanza di periodi di gioia sfrenata con periodi di angoscia, eccitamento sessuale, senso di ebbrezza simile a ubriachezza. Non si può però definire un quadro preciso in quanto anche la dose è importante e soprattutto il luogo di raccolta del fungo. Certo non è conveniente utilizzarlo come droga gratuita: innanzitutto nessuna droga è innocua, in secondo luogo gli effetti gastro-intestinali sono tutt'altro che piacevoli e, inoltre, non si creda che i vecchi stregoni ingerissero il fungo così com'era: lo assumevano insieme a bacche della foresta, lo lavoravano, ne facevano strane pozioni, le cui ricette non ci sono giunte.

Dunque questo fungo, oltre a essere il più spettacolare simbolo della foresta, è anche una “pianta” venerata da molti popoli, le cui tradizioni religiose vanno rispettate. Se ne ricordino quegli stupidi vandali che hanno l'abitudine di distruggerlo a calci o a bastonate: terribili maledizioni sono state lanciate da sciamani e stregoni potentissimi contro coloro che non rispettano il Sacro Fungo...